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29/10/2014
Abolizione degli usi aziendali
L?abolizione degli usi aziendali pu? avvenire solo su accordo tra le parti.
Questo ? quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 18780 del 05 settembre 2014.
Nello specifico gli Ermellini sono stati chiamati ad esprimere il proprio giudizio relativamente al caso di un?azienda che aveva riconosciuto e poi mantenuto nel tempo l?uso aziendale di uscire anticipatamente per tutti i lavoratori addetti ad un determinato reparto. Tale uso, come detto, era rimasto in vigore negli anni, anche se le differenti condizioni erano mutate, si veda ad esempio il numero dei dipendenti addetti e l?assetto proprietario.
L?azienda aveva argomentato che la scelta di anticipare l?uscita dal reparto di dieci minuti era dovuta a ragioni organizzative attinenti all?uso delle docce, le quali erano insufficienti rispetto al numero dei lavoratori e lontane dal loro reparto. Nel tempo, per?, tale problematica era stata risolta, non giustificando, quindi, pi? il mantenimento dell?uso.

Per contro, l?uso aziendale, una volta cristallizzatosi, per poter essere rimosso dovr? essere previsto in accordo tra le parti. Come affermato ?si ? in presenza, infatti, di un uso aziendale legato alle modalit? di espletamento della prestazione lavorativa, onde deve escludersi che il datore di lavoro possa incidere unilateralmente sui diritti acquisiti dal lavoratore per effetto dello stesso, a meno che non sia intervenuta una modificazione dell?organizzazione del lavoro, che, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito, abbia fatto venir meno il presupposto di diritto?.

Non bisogna, quindi, cadere nell?errore comune secondo cui se l?uso ? stato concesso unilateralmente da una delle parti, la stessa potr? poi revocarlo. Una volta concesso l?uso aziendale dovr? essere revocato tramite accordo tra le parti, accordo che dovr? essere studiato ed attuato in sinergia col proprio Consulente del lavoro. Come gi? pi? volte ribadito dalla Corte di Cassazione ?l?uso aziendale, se non risulta una contraria volont? delle parti, si inserisce, ai sensi dell?art. 1340 c.c., non gi? nel contratto collettivo, bens? in quello individuale, integrandone il contenuto; l?esclusione di tale uso pu? pertanto avvenire soltanto in base alla concorde volont? delle parti?.
04/06/2013
La prestazione del Professionista ? sempre a titolo oneroso
Nulla vieta ad un professionista di svolgere la propria attivit? a titolo volontario, ma la legge sul volontariato del 1991 chiarisce che l?organizzazione per cui si svolge volontariato deve essere senza fini di lucro: ?per attivit? di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l?organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidariet??.

?L?attivit? del volontariato non pu? essere retribuita in alcun modo [...] possono essere soltanto rimborsate dall?organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l?attivit? prestata?.

Su questi temi la Cassazione ? intervenuta stabilendo che ?ogni attivit? lavorativa ? presunta a titolo oneroso salvo che si dimostri la sussistenza di una finalit? di solidariet? in luogo di quella lucrativa e fermo restando che la valutazione al riguardo compiuta dal giudice del merito ? incensurabile in sede di legittimit? se immune da errori di diritto e da vizi logici.? (sentenza 26.01.2009 n? 1833). Anche in questo caso la differenza la fa il fine: solidale piuttosto che lucrativo. La cassazione ha dato ragione a chi chiedeva il compenso proprio perch? l?onerosit? ? la regola, mentre la gratuit? rappresenta l?eccezione.
04/06/2013
L'INAIL riconosce il mal di mouse come malattia professionale: sentenza risarcisce lavoratore per la tecnopatia, insorta per il tempo eccessivo trascorso al computer.
Il mal di mouse ha un nome tecnico: sindrome pronatoria dell?arto superiore destro causata da tecnopatia procurata da ?overuse? da mouse del computer.
Il mal di mouse viene riconosciuto come malattia professionale dall?INAIL.

Lo stabilito una sentenza della Corte dell?Appello dell?Aquila, alla quale l?INAIL non si ? appellato, rendendo l?indennizzo esecutivo.

Questa tecnopatia colpisce colore i quali, per motivi di lavoro, stanno troppe ore al computer utilizzando il mouse, danneggiando braccio e la spalla destri.

Il riconoscimento del mal di mouse come malattia professionale potrebbe aprire la strada a numerose richieste di risarcimento danni, perch? anche tunnel carpale (altra patologia legata all?utilizzo del mouse), mal di schiena o calo della vista associati all?utilizzo prolungato nel tempo al computer, possono essere riconosciuti allo stesso modo.

La sentenza in questione ha riguardato una banca di Pescara.

La causa si ? risolta in favore di un dipendente, rivoltosi all?Inca Cgil di Penne, in quale ha cos? ottenuto un risarcimento perch? ?l?insorgenza di tale malattia ? da ritenersi determinata da fattori morbigeni cui il dipendente bancario ? stato esposto nell?esercizio della sua abituale attivit? lavorativa?, si legge nella sentenza.

In sintesi, si ? ritenuto ?in maniera incontrovertibile che l?uso abituale e ripetuto del mouse del computer espone al rischio di contrarre questa tecnopatia?.
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